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ROMA — E ora? La Superlega ha annunciato il suo nuovo progetto. Il nuovo format della competizione, con 64 squadre, tre competizioni, una Star League simil Champions con due gironi da 8 squadre prima delle partite a eliminazione diretta. Ma resta una domanda: qual è il prossimo passo?
Il prossimo passo è subito. Nel senso che, già tra Natale e Capodanno, prima cioè della fine dell’anno e approfittando del fatto che il calcio non va mai in vacanza, il Ceo di A22 (società organizzatrice del nuovo format) Bernd Reichart tesserà i primi contatti. Ha in programma una serie di colloqui per sondare la disponibilità di alcune squadre europee a salire sul carro e a sposare il progetto. Può farlo, ora che la sentenza della Corte Ue legittima la libera concorrenza. Partirà subito perché la certezza è che prima si dovesse riuscire a partire, meglio sarebbe per questa competizione in fieri. Che ora deve sfruttare l’effetto sensazionalistico di una sentenza così rivoluzionaria.
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Superlega, chi la finanzia
E poi? Poi sarà necessario fare altri passi. Per esempio, manifestare chi garantirà la copertura finanziaria al nuovo torneo. Perché gli organizzatori puntano molto sul modello Spotify: una app per vedere la tv gratuitamente capace però di generare incassi pubblicitari maggiori grazie a numeri sensazionali di pubblico assicurati proprio dalla gratuità del sistema. Ciò nonostante, però, bisogna fare i conti con due certezze: che anche se partisse molto in fretta, almeno il primo anno questo modello avrebbe bisogno di essere sostenuto dall’esterno (o dall’interno) da un finanziatore, un fondo o una banca. Ma non solo. I club infatti scontano in anticipo tramite factoring o sistemi simili i crediti garantiti dalla partecipazione alle coppe e coperti dai contratti dell’Uefa con i broadcaster. Col sistema di introiti della Superlega non sarebbe possibile. È un aspetto da chiarire, se non pubblicamente almeno nei colloqui privati.
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Superlega, chi comanda
Restano da definire i criteri di accesso alla competizione, un dettaglio non secondario per stabilirne la democraticità, uno dei temi sensibili dal punto di vista del pubblico. L’altra questione è la governance. Chi sarà a capo della nuova competizione? Reichart è un ceo che ha competenze finanziarie, legate alla distribuzione e alla commercializzazione dei diritti tv. Servirà un presidente, un consiglio, un esecutivo: insomma, una struttura politica. E poi: che ruolo avranno quelli che furono i soci fondatori? Real Madrid e Barcellona, uniche rimaste incondizionatamente attaccate al progetto, avranno un peso nella governance? E che ruolo avrebbero le società che erano uscite se dovessero rientrare?